
“L'essenza della consapevolezza è la presa di coscienza pura e semplice di ciò che effettivamente accade a noi e in noi nei successivi istanti di percezione” Nyanaponica Thera
Una presa di coscienza pura e semplice.
Questo è un esercizio fondamentale per orientarsi nel complicato procedere della nostra vita sia interiore che di relazioni.
Ma in pratica cosa significa?
Mi siedo in meditazione, scelgo di portare la mia concentrazione sul respiro (o su un altro “oggetto” di meditazione), cioè di osservare il processo del respiro: la durata dell’inspiro, la piccola pausa prima dell’espiro, l’espiro, la piccola pausa prima del prossimo inspiro e così via.
Benissimo. Ma cosa accade?
Sperimento che la concentrazione sul respiro dura poco: la mia attenzione scivola via, e comincio a pensare a cosa devo fare domani, a quanto mi sento stressata/o, a quanto mi ha fatto arrabbiare il capo ufficio, a quanto è stronza quella del terzo piano che annaffia le piante e bagna il mio terrazzo, a quanto mi fa male la schiena… Insomma, la mia mente è colma di pensieri che mi trascinano via dall’osservare il respiro.
La cosa interessante è che non comincio a pensare, ma continuo a pensare: scopro che ho sempre questi pensieri che si affastellano nella mia mente, solo che non ne sono pienamente consapevole.
La mente pensa, questo è il suo lavoro. Facciamocene una ragione, tuttavia…
Tuttavia, per molti di noi, questa mente proliferante è causa di forte stress: più che semplici e gioiosi pensieri abbiamo in circolo pensieri legati a preoccupazioni, ansie, timori, dubbi, paure, rabbie, incertezze.
Diventare gradualmente consapevoli, in virtù della pratica della meditazione, ci dà la possibilità in un primo momento di accorgerci di ciò che ci “abita”, e in un secondo momento di non lasciarci trascinare da questi pensieri, ma di lasciarli andare senza giudicarli buoni o cattivi: lasciare che la mente produca pensieri, ma senza che io mi identifichi e mi lasci trascinare nella preoccupazione.
Questo, come è facile intuire, semplifica le nostre vite. Ci rende liberi.
La via della semplificazione
Dove non c’è attaccamento, c’è libertà.
Se sono pienamente consapevole, se ho preso coscienza di ciò che effettivamente accade in me e a me vuol dire che non sarò più preda di dubbi e confusione; avrò sicuramente tracciato un solco di semplicità, di semplificazione della mia vita, perché osservando le cose così come sono, così come accadono senza aggiungerci sofferenza, giudizio, repulsione, frustrazione o qualsiasi altra forma di sofferenza, vuol dire che ho davanti a me la possibilità di un miglioramento profondo della mia esistenza: a questo può servire l’esercizio di sati, della consapevolezza che possiamo ottenere attraverso la pratica della meditazione.
Un ottimo motivo per iniziare: il cammino verso sati
Se non abbiamo desiderio di un percorso puramente e unicamente spirituale, ma desideriamo migliorare la relazione che abbiamo con noi stessi, con i nostri pensieri, con ciò che ci abita, con la nostra sofferenza, e vogliamo migliorare la relazione che abbiamo con il mondo che ci circonda, la nostra famiglia, gli amici, il lavoro ecc., ciò di cui abbiamo bisogno è cominciare a fermarci e ad allenarci, in meditazione, a osservare ciò che affiora in noi senza giudizio, con pazienza e gentilezza.
Una vita semplificata e purificata, questa è un’ottima motivazione.
Nel visuddhi-magga (Il sentiero della purificazione, un compendio del Buddhismo Theravada), il primo passo da fare per iniziare un cammino di pace verso noi stessi è Sila: purificazione psicologica, purificazione della mente dai pensieri che inquinano la nostra mente e la nostra vita.
Come ci si purifica?
Quando ci sediamo lasciamo affiorare anche quei pensieri che abbiamo appena definito inquinanti. Li osserviamo, osserviamo il processo della mente intorno a questi pensieri e poi li lasciamo andare: non rimaniamo attaccati a loro con tutte le nostre forze, lasciamoli andare e torniamo a portare la concentrazione sul nostro oggetto di meditazione.
Lasciamo andare il palloncino.
È come se avessimo in mano un palloncino e, con gentilezza, aprendo la mano, lo lasciassimo andare.
Questi pensieri, queste emozioni distruttive le osserviamo; è cosa ben diversa dal negarle, perché la negazione attiva un processo di rinforzo di ciò che ci fa soffrire. La negazione acuisce il nostro sentirci inadeguati e questo alimenta il nostro senso di colpa: “Non dovrei avere questi pensieri, non sono come dovrei, mi merito le cose brutte che mi capitano!”.
Come meditare?
Quindi la chiave è osservare nella calma i propri flussi mentali, le sensazioni, le emozioni che affiorano; è interessarci al processo e non al giudizio. Questo è il punto fondamentale della meditazione: non confondere il non pensare con la meditazione. La meditazione ha infatti lo scopo di far affiorare ciò che ci abita, di farcelo vedere chiaramente, di averne consapevolezza, di darci la possibilità di accettarlo e di lasciarlo andare. Con gentilezza.
A cosa mi serve?
Se creiamo uno spazio dentro di noi, lasciando andare vecchi schemi, vecchie convinzioni, possiamo riempirlo con pensieri, azioni, sentimenti piacevoli e costruttivi.
Cominciamo? Scopri come posso aiutarti!